Francesco Giorgione #intervista #interview
Di Luca Ramacciotti
Presentatore, attore, cantante dal 2012 inizia il suo percorso di studio su mentalismo, ipnosi, bizarre magick scrivendo articoli e un libro, tenendo conferenze oltre a portare esibizioni di mentalismo in teatro realizzando anche propri, interi, spettacoli.
Come e quando Francesco Giorgione si è avvicinato al mondo della Magia?
Sento che tutti a questa domanda rispondono “quando da piccolo ho giocato con quella scatola…” oppure “quando da piccolo ho visto alla televisione quel tal mago…” invece io mi sono avvicinato alla magia in tarda età. Avevo 43 anni, quindi 10 anni fa. Come padre di una bambina che (allora) era piccola venivo invitato a molti compleanni e, quasi sempre l’animazione era affidata ad un mago. Guardalo oggi, guardalo domani… mi ritrovai a pensare, tra me e me: “ma lo sai che quasi quasi mi piacerebbe fare quella roba là!”. E così acquistai due mazzi di carte, un DVD nel quale venivano spiegati tecniche e metodi, e cominciai a “familiare col mezzo”. Dopo pochi mesi frequentati un corso che teneva il compianto Mauro Caiani. E poi mi buttai nella mischia, cominciando a fare magia per bambini.
Come mai la scelta del mentalismo come tipologia di messa in scena?
Quando entri nel mondo magico cominci ad esplorare le varie branche e cerchi di imparare un po’ di tutto, fino a che non trovi qualcosa verso cui senti un’affinità e ti specializzi su quello. Tra me e il mentalismo è stato amore a prima vista, per due motivi fondamentali. Il primo è che mi permetteva di avvicinarmi ad una tematica che mi aveva sempre affascinato: le persone e la psiche umana, con tutte le sue variegate sfaccettature. Il secondo motivo risiede nella mia esperienza pregressa. Io sul palco ci sono sempre salito, sin da bambino, e ci ho fatto davvero di tutto: teatro di prosa, musical, cantante di Rhythm and blues, di opera e operetta, presentatore. Quindi ho scelto Il mentalismo anche perché è caratterizzato da una forte componente teatrale e, chi ne mastica anche solo un po’, sa che la parte meccanica dell’effetto è molto meno importante di tutto il resto.
Nel tuo libro “Misterium” analizzi la mezza in scena di questa branca della magia. Come nasce l’ideazione di questo manuale?
Misterium è il terzo spettacolo che ho ideato e portato in scena. Senza falsa modestia lo ritengo davvero un bello spettacolo, soprattutto perché fonde il mentalismo con la tematica “misteri” che alle persone interessa sempre molto. Avevo voglia di raccontare il mio spettacolo, quindi più che un libro può essere anche visto come una specie di diario. Ma la motivazione è stata anche un’altra. Attraverso il racconto ho condiviso le mie riflessioni su come dovrebbe essere costruito uno spettacolo, quindi analizzando tutti gli aspetti: dall’ideazione di un effetto alla sua realizzazione (curandone i minimi dettagli), dalle luci alle musiche, dalle foto ai video, fino ad arrivare alla cura e alla gestione del pubblico.
Nel sottotitolo ti definisci UN mentalista di campagna. La campagna è più misterica della città?
No, il termine “campagna” non da intendersi a sé stante, ma come parte della più ampia definizione “mentalista di campagna”. L’intenzione era di richiamare il più familiare concetto di “medico di campagna” come qualcuno che non ha mai raggiunto alte vette ma che, nel suo piccolo, cerca di fare la differenza. Ciò che intendevo è comprensibile anche dall’articolo “UN” scritto in maiuscolo, e nell’introduzione del libro lo spiego: in un mondo (quello mentalistico) nel quale tutti fare a gara per apparire come IL mentalista, io mi ritengo, appunto, UN mentalista. Uno dei tanti che si esibiscono nei piccoli teatri, o comunque nelle piccole realtà, cercando di condividere l’Arte che tanto amano con dignità e, soprattutto, con professionalità (la quale non appartiene solo ai professionisti).
Oggi il mentalismo è una tipologia di performance di cui si sente sempre più parlare, secondo te quali ne sono le cause?
Ne siamo proprio sicuri? Credo che la maggior parte della gente (almeno in Italia) non sappia nemmeno lontanamente cosa sia il mentalismo. E credo che al di là di una curiosità momentanea non interessi nemmeno più di tanto. Certo, l’esibizione di alcuni mentalisti nei talent ha contribuito a “diffondere il verbo” (diciamo così) ma c’è da chiedersi se tutto ciò è stato funzionale alla vera comprensione di quest’Arte. Cerco di spiegarmi meglio. Se uno spettatore percepisce un effetto di mentalismo come se fosse un effetto di prestigiazione, allora qualcosa è andato storto. Non voglio dire che il mentalismo sia migliore (o peggiore) della prestigiazione ma solo diverso. Perché i presupposti e il frame sono diversi. Se poi vuoi dire che si sente sempre più parlare di mentalismo nell’ambiente magico, allora sono pienamente d’accordo. Ma anche qui attenzione: il mentalismo è percepito come semplice perché dal punto di vista dell’esecuzione tecnica è (effettivamente) più semplice. Molti aspiranti maghi dopo aver sbattuto la testa contro le difficoltà delle tecniche di prestigiazione decidono di “ripiegare” sul mentalismo. Solo che, alla lunga, la testa la sbattono anche lì perché si rendono conto che la credibilità, l’autorevolezza e la fascinazione (necessarie ad un mentalista perché non cada il palco) richiedono la stessa dedizione, lo stesso impegno e le stesse enormi difficolta di quelle tecniche che li ha fatti allontanare dalla prestigiazione.
In questi tempi che stiamo vivendo come vive il mondo magico? Quali sono le tue attività?
La situazione è grave e mi intristisce molto. Come scrissi qualche tempo fa in un post su Facebook si è totalmente invertito l’ordine naturale delle cose. Cerco di spiegarmi. Io non sono mai riuscito a “sfondare” quanto basta per poter vivere della mia arte e, quindi, l’ho sempre dovuta relegare in secondo piano rispetto al mio lavoro primario di impiegato comunale. Quando vedevo mentalisti, o prestigiatori, che si esibivano in molti spettacoli e che quindi avevano trasformato la loro arte in lavoro, confesso che provavo un forte sentimento di invidia. Certo, sto parlando di invidia positiva: ero sinceramente contento per loro, ma avrei anche voluto trovarmi al posto loro. Con la totale sospensione di tutte le arti di spettacolo, invece, è successo che loro invidiassero me, che comunque un lavoro lo avevo e non dovevo affrontare il problema di mangiare. Certo, esibirmi davanti ad un pubblico manca tantissimo anche a me (il palco è l’unico elemento nel quale mi sento davvero felice), ma i miei disagi non possono certo essere paragonati ai loro. Ho voglia, tanta voglia, di ritornare all’ordine naturale delle cose, secondo il quale sono io che devo invidiare loro, e non il contrario. Per quanto mi riguarda, ho approfittato di questo periodo per accrescere la mia formazione leggendo libri e frequentando corsi (per un mentalista il dovere/piacere di formarsi è perenne). Poi mi sono concentrato sulla scrittura: ho collaborato con la rivista di mentalismo “Gargoyle” e ho appena terminato il mio secondo libro che uscirà a breve e che si pregia della prefazione di un pezzo da 90, il grande Matteo Filippini. Ah già, a proposito di Matteo, ho anche girato dei video nei quali condivido alcune riflessioni sulla costruzione di uno spettacolo di mentalismo, pubblicati sul suo sito mysteryacademy.it