Illusionismo e… segreti in un volume di fine 600 ritrovato ad Asti
Chi non ha desiderato, almeno una volta, cimentarsi in qualche rocambolesco e mirabolante gioco di prestigio, improvvisandosi un abile “mago,” capace di stupire il proprio pubblico e lasciarlo a bocca aperta? La passione e l’interesse esercitati dalla prestidigitazione (l’arte e l’attività del prestigiatore, ndr) e dall’illusionismo accompagnano, infatti, da secoli l’uomo, che, ieri come oggi, continua a subirne il fascino. Un mondo, apparentemente imperscrutabile, che solletica la curiosità di profani ed esperti. Anche Asti non fa eccezione. Anzi, la nostra città è finita alla luce della ribalta in questo settore, dopo la scoperta di un poderoso trattato di illusionismo risalente alla fine del seicento, individuato nella Biblioteca Astense da Marco Aimone e analizzato dal famoso illusionista Aurelio Paviato (noto anche al pubblico televisivo di trasmissioni come Buona Domenica e Maurizio Costanzo Show).
Al manoscritto sono stati dedicati, in particolare, un intero volume monografico della rivista americana semestrale “Gibecière” (il nome indica la scarsella cioè la piccola borsa dove si tengono i dadi, ndr), dedicata alla magia e specializzata appunto in storia della prestidigitazione, mentre a livello locale è stato oggetto di uno degli appuntamenti nell’ambito di “Passepartout en hiver”(ciclo di incontri a cura della Biblioteca Astense e della Cna), al quale era intervenuto lo stesso Paviato. Inoltre, la direttrice della Biblioteca Astense, Donatella Gnetti, ha presentato una relazione su questo manoscritto all’Università di Asti, in occasione di un convegno in ricordo di Renato Bordone, docente villafranchese di Storia Medievale all’Ateneo di Torino e noto storico, che all’inizio della propria carriera accademica aveva insegnato biblioteconomia e scomparso nel 2011. Non a caso, alcune delle considerazioni contenute nella relazione erano frutto di conversazioni con lui. A parlarci più nel dettaglio del manoscritto è la stessa Gnetti.
“Conservato oggi in cassaforte presso la nostra Biblioteca e consultabile su richiesta fa sapere il volume è stato ritrovato casualmente, oltre 30 anni fa, nei locali al pian terreno dell’ala ovest di Palazzo Alfieri, da un dipendente, mentre riordinava il magazzino periodici. Sembrava proprio che il manoscritto volesse farsi trovare. E così, questo volume rilegato in pelle, una volta ripulito della polvere, rivelò contenere un manoscritto antico.” Nello specifico, il libro è suddiviso in tre parti, comprendenti giochi di carte, di prestigio ed esperienze di fisica. Manca invece qualunque indicazione relativa all’autore, al luogo in cui è stato composto e alla data.
Dieci anni dopo il ritrovamento, la Gnetti si è occupata della catalogazione del libro: “E’ composto spiega da 31 pagine non numerate e da 295 numerate in antico, scritte nell’italiano dell’epoca e arricchite da numerose illustrazioni. Particolarmente complesso è il discorso sulla datazione: la legatura sembrerebbe settecentesca, ma la grafia, le decorazioni e il tipo di inchiostro farebbero propendere maggiormente per il XVII secolo. Un’ipotesi suffragata dall’appunto, suggestivo ma da comprovare, sull’antiporta “Manoscritto di non senza importanza per la storia dell’arte del prestigio, del 1600 verso il fine.” A ulteriore sostegno di questa ipotesi possono essere riferiti alcuni particolari delle illustrazioni, realizzate dall’anonimo autore, nonché ottimo disegnatore, come il pizzo che cinge il polso della mano, il piede del vaso e le forbici. Dettagli che confronti iconografici consentono di mettere in relazione appunto con pitture e oggetti del XVII secolo.”
Suscitano poi particolare curiosità tre macchie scure sul frontespizio, “che farebbero ipotizzare siano traccia della presenza di stemmi, forse in ceralacca, poi asportati e abrasi, i quali potevano dare indicazioni sulla paternità dell’opera, ma che in seguito qualcuno si preoccupò, chissà per quale motivo, di eliminare, rendendo così impossibile ogni identificazione.” Entrando ancora più nel dettaglio, uno studio preliminare di Paviato, esperto dei testi classici dell’illusionismo, aveva messo in evidenza, “per quanto riguarda la manipolazione delle carte, la descrizione, nel manoscritto, di alcune tecniche decisamente all’avanguardia per quel periodo, che anticiperebbero di almeno cento anni alcune mosse,” annota la Gnetti.
“Dopo un lungo periodo di oblio, dunque - aggiunge - il prezioso manoscritto non solo è tornato alla luce, travalicando per fama e notorietà le mura della Biblioteca, i confini astigiani e quelli nazionali, ma rivelandosi addirittura una piccola rivoluzione per il mondo dell’illusionismo.” Tuttavia, il volume sembra voler custodire ancora gelosamente molti dei suoi segreti. A partire da quelli sulla seducente ipotesi delle proprie origini astigiane. “In realtà, l’unico legame - dichiara la Gnetti - con il nostro territorio si rifà a un’annotazione, su un foglietto volante, all’interno del manoscritto, che riporta la frase “Dono di Mario Rasero,” insigne studioso di numismatica e collezionista, nato nel 1881 ad Asti, dove è morto nel 1947.”
Dal canto suo, la rivista “Gibecière” ascrive i giochi descritti nel manoscritto all’area toscana, non collegandone perciò le origini alla nostra città. Inoltre, a Firenze, nella Biblioteca Nazionale, si trova una copia acquerellata dello stesso volume. “Premesso che l’autore, uomo colto e raffinato, poteva essere un nobile o un ricco abate sostiene la Gnetti si potrebbe ad esempio supporre, a questo punto, che il padre di Vittorio Alfieri avesse visto la copia fiorentina e l’avesse magari copiata.” In qualunque modo siano andate le cose, il manoscritto è e resta un’entusiasmante scoperta, in attesa di future, nuove rivelazioni.
Manuela Zoccola
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