Impressioni su “I Maggio” di Saykon
Di Salvatore Maria Ciccone
Tensione e rilassamento.
Un concetto per certi versi semplice da comprendere, ma difficile da assimilare, fare proprio e gestirlo durante un’esibizione all’interno di un atto. Un processo che i migliori prestigiatori adoperano per diversi fini tra i quali coperture e destare emozioni negli spettatori. Quanti riescono a padroneggiare a pieno questo principio e cavalcarlo più a lungo di un semplice Act?
Da quando ho conosciuto Ben, ed approfondito la conoscenza del suo lato da attore, anzi, da ossessionato teatrale, ho rivisto molti concetti della prestigiazione sotto un’ottica differente. Argomenti per me innovativi, per lui già studiati ed approfonditi da tempo, ma ogni volta ri-condivisi con me con pazienza e bravura che solo un maestro del suo calibro saprebbe fare, esponendoli efficacemente. L’ho visto tenere diverse lezioni di recitazione presso la sua scuola “Beniamino Maggio” ed è uno spettacolo anche solo vederlo all’opera nelle vesti di docente.
Ho avuto l’onore di collaborarci diverse volte, e vederlo ogni volta passare dal Ben simpaticone e semplicistico al Ben maniacale, concentrato che poco prima di entrare in scena si isola completamente, ed avere davanti a sé solo l’obiettivo del palco. Non mi ha stupito sapere che per la sua creatura più preziosa, “I MAGGIO” ci ha impiegato 5 anni per la stesura del copione, e in quest’ultimo anno lavorarci quotidianamente con un ritmo incalzante. Nell’ultimo periodo era un argomento fisso, a cui accennava solo “Sto preparando uno spettacolo, parlerà della mia famiglia!” e nulla di più. Solo tantissima attesa. Infine arrivò “Siamo di scena a metà gennaio!” tre repliche al teatro Cortese in due giorni. A meno di 4 giorni dalla prima, già si sfiorava il sold out. Alla replica del 15 addirittura over booking. E da lì qualcosa mi è avvenuta dentro. Non so definire ancora cosa.
L’opera è ambientata durante la seconda guerra mondiale, a Roma, in un teatro in cui i Maggio trovano “rifugio” per vivere e sopravvivere, in attesa che “i teatri riaprano” (come suona recente questo concetto) ed ognuno di loro, si adopera, reinventa per poter far sì che la famiglia superi questo momento. E così scopro di Don Mimì, sua moglie, i suoi sei dei sedici figli, ognuno artista in qualche ambito. Un alternarsi di comicità, momenti toccanti, momenti di riflessione, spensieratezza. Contestazione storica costante, un continuo evadere dal periodo storico e poi puntualmente rientrarci di prepotenza con piedi pesanti. Una storia lineare, facile da seguire, alternata con flashback/flashfoward (non mi sento di dire quale dei due fili sia il “presente” e quale il “passato/futuro”) con una tecnica “doppio palco”.
Parlandone ieri sera con Ben e Rita, scopro che il momento della “matita” è nato da un errore in quella replica, e quanto ne è seguito è stata pura improvvisazione degli attori sul palco. Se non avessi avuto questa confessione, mai mi sarei aspettato che si fosse trattato di un fuori programma! Quale fortuna ho avuto a vivere questo genio artistico, pura improvvisazione! Pura magia!
Ho esordito con il concetto di Tensione e Rilassamento. Come ho detto l’ho visto spesso adoperato in ambito della prestigiazione per dei momenti, o richiamato in certi attimi all’interno di un atto magico non superiore ai 10-15 minuti. Il Ben Regista invece conosceva a pieno questo strumento, altro che arco da tendere e rilasciare il colpo. È stata una frusta in costante roteazione, e ad ogni attimo giusto, la scoccata emotiva che andava a segno. Né un attimo prima né un attimo dopo. Dritto al cuore, ad ogni sezione della giusta emozione. Domenica sera ero scosso, ma non in senso negativo o positivo, ero emozionato a tal punto che purtroppo sono riuscito a dire “Ho riso e pianto”. Ci ho messo 48 ore per poter dire qualcosa di più, perché questa opera teatrale merita davvero tantissimo. Una storia che parla di famiglia, i Maggio, raccontata dai Maggio (buona parte del cast è formata dai diretti discendenti di Beniamino Maggio) e stando seduti ad ammirarla, li si conosce uno ad uno, andandosene via come la sensazione di aver conosciuto dei veri amici, ma che ora si deve andare via, e chissà semmai un domani ci si rincontrerà. Ben ha reso immortali quei nomi, quelle persone, e le loro essenze, facendole rivivere in quella che hanno da sempre definito la loro casa: Il palco di un teatro.