La «magia» di Andrew Basso: star a Broadway
La «magia» di Andrew: star a Broadway
L’illusionista di Borgo Valsugana a New York con uno show che ha fatto il giro del mondo. «Amo regalare emozioni» di Katja Casagranda
TRENTO. Con un post condiviso sulla sua pagina social ufficiale (nell’era del web non poteva che essere così), Andrew Basso dedica la sua prima a Broadway a casa sua. E pazienza se per lui valga il detto “Nemo propheta in patria sua”. Così aldilà dell’Oceano sta realizzando il sogno che accumuna ogni grande artista: uno show in cui è protagonista sui palchi più ambiti e prestigiosi del cuore di New York, Broadway. Raggiunto al telefono prima del debutto, Andrew Basso racconta la sua vita, il suo percorso, le soddisfazioni e i momenti bui, ricordando a tutti che se hai un sogno non devi mai dimenticarti di coltivarlo.
Lo spettacolo “The Illusionists”: un traguardo o un punto di partenza?
Broadway rappresenta un sogno che si realizza, ma anche un nuovo punto di partenza. A ventinove anni mi sento come se avessi conquistato una vetta ma fossi pronto per nuove scalate. Da quando avevo diciotto anni sono sempre stato in viaggio, e in questi due ultimi anni ho girato il mondo con questo spettacolo importante, “The Illusionists”, creato dalla Sidney Opera House con due produttori d’eccellenza nel mondo del musical e degli spettacoli, Brett Daniels e Simon Painter, che cercavano i migliori artisti dell’illusione con cui creare un team per ogni aspetto di quest’arte. Artisti non solo che rappresentassero il top ma anche ogni parte del mondo. Siamo stati in tour in tutto il mondo e dovunque abbiamo registrato il tutto esaurito: nei più grandi teatri da Singapore, a Dubai, a Panama, in Nuova Zelanda e poi Europa e Londra.
Una data speciale quella londinese, giusto?
Sì, lo show è stato registrato dalla Bbc e sarà trasmesso in televisione come trasmissione speciale del Natale.
Belle soddisfazioni quindi?
Pensare che ora sono a New York e la mia finestra si affaccia su Times Square direi che non ha eguali: se poi aggiungo che “The Illusionists” sta in un teatro di fronte a quelli dove vanno in scena “Cats”, “Mamma mia” e i musical da tutto esaurito da anni, e che “The Illusionists” ugualmente ha già il sold out per la programmazione per sei settimane dopo la prima del 26 novembre, che la mia intervista è sul “New York Times” e sono stato ospite dell’Usa Today, non posso certo lamentarmi. Anche se mi dà più emozione rilasciare un’intervista per un giornale trentino, che è la mia terra, a cui tengo molto.
Quindi il tuo curriculum ha fatto la differenza?
Ho iniziato facendomi immergere nel 2003 nelle acque del lago di Caldonazzo legato alla Houdini e nel 2005 ho vinto il titolo mondiale a Los Angeles in quest’arte. Cercavano un artista giovane, che sfidasse i pericoli e il fatto di essere italiano ha un fascino particolare all’estero. Mi sono specializzato nell’arte dell’escapologia di cui Houdini è il più grande illusionista. Nello show presento proprio il numero in cui perse la vita e mi esibisco senza telo per cui il pubblico lo vive con me a fiato sospeso.
Quale preparazione ci vuole e in quale percentuale si tratta di tecnica piuttosto che di particolare dote personale?
L’eccellenza è l’unione fra l’allenamento fisico e il talento. Da bambino mi facevo legare da mio padre alla sedia: ricordo che avevo fra gli 11 e i 13 anni. A volte stavo anche due ore a tentare di slegarmi senza riuscirci, poi ho imparato a “sentire il mio corpo”, riconoscere i suoi segnali e usarli.
Come nasce Andrew Basso escapologo?
Fu grazie ad un circo che venne a Borgo Valsugana, il mio paese: vidi lo stupore e il sorriso di mia madre alla magia di un mago e mi dissi che anche io volevo produrre la stessa emozione nelle persone. Quello che mi ripaga di tutta la fatica e l’impegno giornaliero, perché la mia vita è rigorosa come quella di un atleta, è proprio lo stupore misto a felicità del pubblico, quello spazio di magia che creo in chi mi sta di fronte. Devo tantissimo a mio padre, che tutti i lunedì portava me ragazzino, dopo il lavoro che lo costringeva a viaggiare di continuo per tutto il giorno, da Borgo a Trento dal mio maestro Sergio Molinari, che non finirò mai di ringraziare e che mi fece conoscere gli illusionisti italiani, da Silvan a Binarelli, ad Alexander. I compagni di scuola e l’amica Anna Molinari, che mi chiedevano di fargli vedere le mie magie e mi spronavano a continuare.
Insomma una vita dedicata alla tua passione?
Sì, poi ho iniziato a viaggiare per conoscere e non smettere mai di apprendere. Ho conosciuto David Copperfield e Uri Geller, che incrociavo durante un programma tv cui partecipavamo ambedue per un mese. A volte sono molto gelosi dei loro segreti ma io cercavo di apprendere anche solo osservandoli da vicino, scambiandoci due parole, guardando la loro camminata, le abitudini.
Una vita in salita si potrebbe dire?
Con dei momenti bui, in cui però ho sempre mantenuto lo spirito positivo. Quando mi sono trovato in ospedale con le mani fasciate e ustioni di terzo grado che avrebbero potuto significare un addio alla carriera, io non ho mai smesso di credere che avrei superato tutto e che il sogno in cui mi proiettavo si sarebbe realizzato. Ed ora sono qui.
E ora?
Beh, nel cassetto c’è il cinema magari proprio la vita di Houdini, un pensiero che nasce dalla mia presenza sul set a Budapest delle due puntate registrate sul “maestro”.
Nella vita reale essere escapologo è mai stato d’aiuto?
A volte – lo ammetto – sì, fa la differenza: quando chiudi la porta di casa e hai lasciato le chiavi dentro, sei avvantaggiato. La classica forcina per capelli aiuta.
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