Niente specchio per Houdini nella corsa continua all’illusione
La vita a perdifiato di Ehrich Weisz portata in scena da Andrea Dellai, che ha scritto e interpretato lo spettacolo con la regia di Pino Costalunga
Alessandra Agosti
DUEVILLE
Niente specchi per Harry Houdini. Nulla che possa spezzare l’appagante tepore dell’invenzione con la freddezza della cruda realtà, che possa costringerti a levare gli occhiali scuri per vedere le cose come stanno.
È l’illusione dell’illusionista, il sogno lungo una vita di chi per tutta la vita ha venduto sogni; uno scintillio fugace, ma sufficiente a rischiarare il buio dell’esistenza: quella degli spettatori ma, prima ancora, la propria.
Su questo fulcro fa leva “Volevo essere Houdini”, lo spettacolo scritto e interpretato da Andrea Dellai che l’altra sera ha debuttato con successo al Giardino Magico di Dueville, con la “complicità” del compositore Ian Lawrence Mistrorigo (con lui sulla scena) e con Pino Costalunga alla regia.
E lo fa fin dal titolo, con quel “volevo” che diviene testimonianza immediata e diretta di come il piccolo immigrato ungherese Ehrich Weisz abbia voluto essere altro da sé, partendo dal nome trasformato in Houdini e correndo a perdifiato per tutti i cinquantadue anni della sua vita, di illusione in illusione, di trucco in trucco (…)
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