Nightmare Alley – La fiera delle illusioni #recensione #review
Nel 1946 uscì il romanzo di William Lindsay Gresham “Nightmare Alley” che l’anno successivo ebbe una prima trasposizione cinematografica.
Gresham (morto suicida nel 1962 dopo una travagliata vita passata tra dipendenze e malattie) in questo libro analizza con crudo realismo i bassifondi di un certo mondo dello spettacolo e di alcuni dei suoi protagonisti che, pur staccandosi dai carrozzoni dei Carnival itineranti, non riescono a elevare la loro anima.
Gresham iniziò a ideare la trama e a scrivere i primi sei capitoli in un lasso di due anni per poi terminare il libro in solo quattro mesi. Ogni capitolo che lo compone è introdotto da una differente carta dei Tarocchi.
Queste carte tornano spesso nel romanzo perché la sensitiva Zeena li fa al protagonista (Stan) e la carta dell’Appeso sarà un monito e, inoltre, lo stesso Stan quando la sorte lo renderà un fuggiasco camperà vendendo oroscopi e facendo i tarocchi alle persone.
Il libro mostra le tecniche adottate dai mentalismi, i loro codici che memorizzano con la loro spalla a fare da complice, come indovini e spiritismi truffano i gonzi in un continuo alzarsi della posta fino al crollo di tutto il castello delle carte. Un romanzo affascinante narrato con uno stile da cronaca che non lascia spazio a fronzoli o slanci d’amore fino a un finale senza scampo e che sottolinea la condizione morale che ha sempre connaturato il protagonista.
Entrambi i film (da noi intitolati La fiera delle illusioni e non Nightmare Alley) sono una semplificazione della trama del libro; infatti viene omessa tutta la parte in cui il protagonista diviene il Reverendo Carlisle e che costruisce in pratica una chiesa spiritista con l’aiuto di Miss Cahill (ovvero Molly sua moglie), parte fondamentale per coloro che si interessano al settore perché vengono descritti anche i trucchi da lui adottati e la psicologia con cui intorta le persone.
Il primo film vede protagonista un Tyrone Power che lascia i suoi classici i ruoli di romantico avventuriero e tenebroso amante con cui era divenuto celebre per affrontare questo personaggio molto sfaccettato, cinico, ma anche vulnerabile a causa dei suoi stessi raggiri. Questo lo spingerà a rivolgersi alla psicologa Lilith Ritter che, senza che lui se ne accorga, lo manipolerà e controllerà fino a distruggerlo. Se in questa prima versione abbiamo un finale salvifico (imposto dalla produzione) dove Stan, ormai alcolizzato e barbone, braccato dagli uomini di Grindle in cerca di vendetta per la truffa subita, trova rifugio in un Carnival come “Mangiabestia” e sarà accudito pietosamente da Molly la nuova versione è in linea con il romanzo. Nessuna pietà.
La bellezza tenebrosa di Tyrone Power domina tutta la pellicola schiacciando le coprotagoniste compresa Helen Walker versione femme fatale nel ruolo di Lilith Ritter e soprattutto mentre gli altri protagonisti restano immutati lui si degrada mentalmente e fisicamente. Come nel libro c’è un parallelismo tra la condizione precaria di Stan e quella di Pete (marito della cartomante Zeena), ma il resto dei coprotagonisti sono di sfondo comprese Coleen Gray (Molly) e Joan Blondell (Zeena) come se il “peccato” non le toccasse. Stan in questo film diviene così un ritratto di Dorian Gray vivente. La regia è molto cruda, schietta, quasi da graphic novel, complice un intenso bianco e nero, ma senza nulla della grandiosità e della bellezza della versione uscita ora al cinema. La regia è firmata da Edmund Goulding, il soggetto dallo stesso William Lindsay Gresham e la sceneggiatura da Jules Furthman.
Il film si può visionare su Youtube https://www.youtube.com/watch?v=CtOVEeqnKVM
Guillermo del Toro firma una regia perfetta. Se i tradimenti con il libro da cui è tratto sono molteplici è innegabile che rispetto al precedente sia molto più attinente alle tematiche e alle atmosfere del romanzo.
Un’imponente scenografia art déco caratterizza tutta la pellicola che si pone su toni quasi monocromatici (spicca su tutti l’abito rosso di Molly) con le scene perennemente immerse nella polvere (carnival) e nella neve (parte successiva della trama). A ricoprire il ruolo che fu di Tyrone Power c’è Bradley Cooper che, rispetto al collega, ha già nello sguardo, fin dall’inizio, un qualcosa di malvagio nella profondità e infatti il film inizia con la scena di lui che seppellisce un cadavere. Subito ci viene presentato dannato e rovinato. Rispetto al precedente film i personaggi sono maggiormente caratterizzati e meno in secondo piano. Rooney Mara delinea una Molly meno bambolina e ingenua, ma più consapevole del suo ruolo e della sua realtà, Toni Collette è una Zeena meno “lirica” della Blondell e più provata dalla vita e disincantata, ma soprattutto c’è nel ruolo della psicologa una Cate Blanchett in stato di totale grazia. Lei e Copper si battono ad armi pari sullo stesso livello. Luci oblique, ombre che disegnano stati di animo e situazioni sono il costante percorso narrativo fino al finale terribile e senza possibilità di salvezza come richiesto dal libro. E solo sull’inquadratura finale ci accorgeremo di come Stan assomigli moltissimo al Mangiabestie visto all’inizio del film.
In questa edizione è maggiormente messa in risalto la parte del mentalista/spiritista (anche grazie alla durata di 150 minuti contro i 110 della precedente) con precisa descrizione dei metodi e anche di come l’osservazione della persona che abbiamo innanzi sia fondamentale per una corretta lettura a freddo.
Tre facce della stessa storia che presentano tutte letture degne di essere lette e viste per una storia che potrebbe benissimo svolgersi anche al giorno d’oggi. I prestigiatori, che siano o meno appassionati di mentalismo/spiritismo, vi troveranno molti spunti interessanti.