Ammetto che ho un debole per il lavoro di Mariano Tomatis, l’ho scoperto per caso, ed ora mi ritrovo a divorare i suoi libri (ora sto leggendo “La Magia dei Numeri“. Oggi sul suo sito “Praestigiator” pubblica un articolo davvero interessante sul mentalismo, il suo modo di presentarlo e come viene (o possa essere) recepito dal pubblico, con un’ottima analisi di un video di Derren Brown.
Il mentalismo è la forma di illusionismo più vicina alla realtà. È facile interpretare le dimostrazioni di un bravo mentalista come rigorosi esperimenti di psicologia sociale.
Numerosi mentalisti incoraggiano tale fraintendimento, ritenendolo alla base stessa del piacere offerto agli spettatori. A proposito dello show di un noto mentalista, si legge sul suo sito:
Anche se è presentato da un celebre illusionista televisivo, non è uno spettacolo di trucchi o magie. È il tentativo di proporre, e cercare di capire, come funzionino certi meccanismi della mente. Usando e mescolando varie tecniche psicologiche come la suggestione subliminale, il linguaggio del corpo, la Programmazione Neurolinguistica, la mnemotecnica, il pubblico è coinvolto in una serie di esperimenti.
Tali affermazioni sono vere quanto quelle che Daniel Defoe propose tre secoli fa in Robinson Crusoe. Nel 1719 il romanzo inglese inaugurò la consuetudine di proporre come autentici i fatti accaduti al proprio protagonista. Perché le vicende narrate fossero percepite come reali, Defoe evitò che il suo nome comparisse sul libro, scrivendo in copertina che l’autore delle pagine era lo stesso Robinson Crusoe. Come commenta Frank Rose in una dotta analisi sull’“arte dell’immersione”:
Quello che Defoe voleva affermare sin dalla prefazione del libro era semplice: questo non è un romanzo.1
Oggi la maggior parte dei mentalisti offre, durante gli spettacoli e nel materiale promozionale, lo stesso messaggio: questo “non è uno spettacolo di trucchi o magie.”
Come reagiscono lettori e spettatori di fronte a tali affermazioni?
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